mercoledì 1 agosto 2007

15 sigarette

Pagina bianca.
Vorrei ritrovare quegli stimoli, quelle idee che di getto mi fuoriuscivano dalla mente trasformandosi in parole.
Passa tempo, lentamente.
Il pc si scaricherà.
Accendo una sigaretta.
Tecnicamente potrei farlo. Ma non è sufficiente.
La parola deve trasmettere anche un senso o, ancor meglio, una emozione.
La tv manda immagini senza audio e una zanzara tigre mi sta torturando.

Scena I
Una donna anziana è seduta su una sedia al centro del palcoscenico; un’altra donna più giovane le sta pettinando i capelli grigi…

No. Non è il mio testo.
Spengo la sigaretta.
Devo prendere le mie gocce ma ho bevuto poco fa del vino. Meglio aspettare ancora un po’.

Scena I
Due uomini completamente rasati e vestiti solo in mutande sono seduti al centro del palcoscenico uno di spalle all’altro; la scena è completamente rivestita di pareti metalliche; alla sinistra del palcoscenico, dal punto di vista dello spettatore, un oblò, unica via di accesso visivo oltre la stanza…

Era una buona idea. Non ricordo più dove ho messo il manoscritto di prova.
Piaceva.
Ma per orgoglio non l’ho mai terminato.
Quante volte l’orgoglio mi ha fregato.
Accendo una sigaretta.
“Il tuo medico o il tuo farmacista possono aiutarti a smettere di fumare”.
Non ne ho assolutamente intenzione.

Scena I


Spengo la sigaretta.
Il supporto di un’immagine dovrebbe aiutarmi, adesso.
Ma anche la parola deve stimolare delle immagini. Non devo arrendermi a questa tentazione.



Scena I


Scena I


Accendo una sigaretta.
“Il fumo uccide”.

…un ragazzo a sinistra del palcoscenico, dal punto di vista dello spettatore, in pigiama, seduto su un letto d’ospedale ; un altro ragazzo alla destra del palcoscenico sta facendo ginnastica con attrezzi da palestra; il ragazzo guarda fuori da una finestra

Gigli!
Sono gigli bianchi.

Si commuove e si siede sul letto…

Spengo la sigaretta.
Devo prendere le mie gocce. Adesso è passato abbastanza tempo.
Una, due, tre,… sei,… otto,… dieci.
Il pc… 80% di carica
Vediamo un po’.
Dovrei rileggermi tutti i miei appunti archiviati per data e anno.
Ma cadrei di nuovo nella trappola della tecnica.
Accendo una sigaretta.
“Il fumo ostruisce le arterie e provoca infarti e ictus”.
Mio padre. Già, sono soggetto ad ictus.
Basta non rimanere a letto immobile.

Scena I
Buio sulla scena. Si sentono rumori di passi affaticati che salgono scale; rumore di chiavi alla serratura di una porta; si apre una porta alla destra del palcoscenico e la luce delle scale illumina parzialmente la stanza di un monolocale; una mano spalanca la porta e afferra dei sacchetti da terra; entra una donna che si intravede a malapena con la luce alle spalle; si dirige verso un tavolo al centro del palcoscenico dove poggia i sacchetti poi si dirige verso una cassettiera accanto alla porta ed apre un cassetto; trova una candela, la poggia sulla cassettiera e la accende…

Spengo la sigaretta.
Una donna, si. E’ di una donna che devo scrivere. I personaggi che mi riuscivano meglio.
Adesso ci siamo.



Accendo una sigaretta.
“Il fumo danneggia gravemente te e chi ti sta intorno”.
Un modo per starmi lontani.
Personaggi costretti a pensieri ed azioni eccessive. Costretti a sopravvivere.
Spengo la sigaretta.
Fin dove può arrivare l’immaginazione.
Il pc… 60% di carica.
Non ho voglia di attaccare la spina.
Riecco la zanzara tigre.
Alla tv un documentario, penso.
Accendo una sigaretta.

Scena I
Una ragazza poggiata ad una quinta; fissa una porta sul fondo scena; è visibilmente vestita da sera e ben pettinata; guarda l’orologio e si volta di scatto verso uno specchio alle sue spalle; si ritocca il rossetto con le dita e si stira i capelli ai lati del volto; si poggia di nuovo alla parete ed assume pose sexy come prove; poi si dirige di scatto verso la parete opposta del palcoscenico dove si trova un tavolino con due bicchieri ed una bottiglia; si versa da bere e beve d’un fiato; torna verso la parete opposta e, asciugandosi le labbra, si poggia di nuovo alla parete; passano alcuni minuti di silenzio; la ragazza guarda l’orologio e si guarda di nuovo allo specchio; si poggia di nuovo alla parete

Adesso eri qui.
Perché proprio a noi…

Spengo la sigaretta.
Accendo una sigaretta.
Spengo la sigaretta.
Accendo una sigaretta.
Spengo la sigaretta.
Ti voglio già bene, tesoro.
Sei triste ma non ti arrendi.
Accendo una sigaretta.
Spengo la sigaretta.
Una birra. Cosa farà mai una birra con le mie gocce?
Eri bella e i segni del tempo vanno già nascosti.
Hai ancora tempo ma non vedi altra via di scampo.
Accendo una sigaretta.
Spengo la sigaretta.
Continui ad aspettare, a sperare. Ti aggrappi a quei momenti di vita vissuta.
E la vita ti è scivolata dalle mani.
Accendo una sigaretta.
Spengo la sigaretta.
Ma tu questo lo sai.
Accendo una sigaretta.
Spengo la sigaretta.
Adesso ti spogli lentamente. Ti strucchi lentamente. Torni al tavolino e bevi di nuovo.
Accendo una sigaretta.
Spengo la sigaretta.
Prepari gli abiti per il giorno successivo.
I tuoi rituali quotidiani.
Accendo una sigaretta.
Spengo la sigaretta.
Ti lavi i denti. Indossi la vestaglia preferita. Vai verso il letto e ti fermi.
Accendo una sigaretta…



Qui, dove mi hai amata e dissanguata.


La sigaretta si è consumata da sola sul posacenere.
Adesso sei viva.
Ti penso e dico che mi hai fatto fumare 15 sigarette.

2 commenti:

xerxes ha detto...

non credo che la tecnica sia un ostacolo soprattuttto se associata ad una buona idea... mi piace molto quella sorta di dissolvenza tra un incipit e l'altro del racconto ed il soffermare lo sguardo su etichette e/o particolari margninali....

mmgp ha detto...

Grazie. Finalmente riesco a risponderti Xerxes.
E' proprio questa tecnica che tu definisci "di dissolvenza" che mi ostacola e mi perdo su particolari... senza più riuscire a raggiungere un senso compiuto!